Il nostro è un tempo complesso, veloce, drammatico. Non sempre di facile decodificazione. Così è anche l’arte che lo riflette: alle volte ci appare ostica, se non oscura. In realtà, è un’arte che, proprio scomodandoci e lasciandoci magari smarriti, ci invita ad andare in profondità, oltre apparenze facili, rappresentazioni scontate, illustrazioni di superficie.

L’arte contemporanea, insomma, non ci lascia tranquilli. E proprio per questo è preziosa. Perché tranquilli non si può stare, in un mondo popolato di guerre, ingiustizie, disuguaglianze, squilibri, inquinamenti. Ma anche screziato di una bellezza che esiste e resiste, e che siamo chiamati a scovare, dentro e attorno a noi.

Questa funzione di risveglio, di benefica provocazione, di sollecitazione alla ricerca del bello non convenzionale viene esercitata a Osnago, ormai da più di un decennio, dalla rassegna La Voce del Corpo. Nel corso del tempo ha tracciato segni inconfondibili nella nostra comunità, alcuni transitori, altri permanenti, nelle nostre piazze, sui muri delle nostre case e delle nostre strade: come la mappa di un’armonia ancora possibile, che però va cercata e salvaguardata, anche con fatica, senza arrendersi alle note che sembrano dominarci, le note del banale, del vuoto, del falso, dell’aggressivo, del violento.

Per questo dobbiamo ringraziare La Voce del Corpo, e soprattutto chi la pensa, chi la organizza, chi convoca idee e artisti, a cominciare da Bruno Freddi, cittadino onorario di Osnago: l’arte apre crepe nel muro nero del presente. E in quelle crepe, che prima o poi diventeranno squarci e passaggi, intanto possono sbocciare piccoli fiori di speranza.

Paolo Brivio, già sindaco di Osnago

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