BRUNO FREDDI E L’ARTE DI ORGANIZZARE UN FESTIVAL

Mentre ancora nello Spazio De André suonavano gli ultimi applausi per l’intensa performance di Eliza Tagliati, siamo riusciti a strappare alcune parola a Bruno Freddi, il direttore artistico del Festival La Voce del Corpo.  Chi lo conosce bene sa che non è un evento particolarmente ripetibile: Bruno preferisce parlare con la sua arte e con la sua capacità di creare relazioni con gli ambienti artistici con cui entra in contatto,   ma oggi è un giorno speciale, alla vigilia dell’ultimo giorno della sesta edizione della Voce del Corpo.

“È stata un’edizione particolarmente difficile” inizia a raccontarci Bruno Freddi “che ha chiesto tre anni di preparazione: gli artisti che sono qui, a partire da Atsushi Takenouchi, avrebbero dovuto esserci già nel 2020, poi nel 2021 ma la pandemia e la chiusura degli spettacoli dal vivo ci ha costretto a rimandare a quest’anno”.

Non deve essere stato facile, vista la qualità artistica delle proposte presentate:

“Sono molto soddisfatto del livello delle performance di questa sesta edizione, sono state tutte entusiasmanti e hanno offerto un panorama davvero completo delle tendenze su cui si sta sviluppando l’arte del Butoh e della performance. Passando alla sezione dedicata all’arte visiva, che da pittore e scultore mi sta sempre molto a cuore, che dire? I risultati sono sotto gli occhi di tutti: dall’omaggio all’amico Mauro Benatti ai lavori di Tommaso Melideo, Giulietta Gheller, Antoh Mansueto e Stefano Bonacci…”

A vedere dalle reazioni e dai commenti che hanno pubblicato sulle loro pagine social, pare che gli artisti abbiano apprezzato lo stile così particolare di questo Festival…

“Mi hanno particolarmente emozionato le parole di due donne. La performer spagnola Lucia Sombras che ha capito come lo spirito del Festival sia l’incontro fra mondi diversi, e lo ha testimoniato in un abbraccio con gli artisti coreani che stavano preparando il loro spettacolo sul folklore, e la scultrice Giulietta Gheller, che ha saputo capire e raccontare lo spirito di accoglienza che coinvolge tutto il paese nella realizzazione di questa rassegna. Uno spirito di cui ringrazio tutti : dall’amministrazione agli amici, dai sostenitori ai volontari”.

Ci dev’essere una grande macchina organizzativa dietro il Festival…

“Una macchina complessa, ma quello che conta davvero è l’impegno e la dedizione delle persone. A partire da Michele Ciarla:la sua capacità di far andare a posto i pezzi, di organizzare viaggi e date, di saper mettere a loro agio gli artisti… Solo se fossi sicuro di poterlo avere ancora al mio fianco  potrei iniziare a pensare a una nuova edizione del Festival”.

Dì la verità, Bruno: chi hai già pensato…

“Un’idea c’è, e mi sembra anche abbastanza rivoluzionaria. Dopo questi anni così difficili, dopo performance che hanno parlato di sofferenza interiore ed esteriore, della fatica di rinascere e del tentativo di riconnettersi col mondo e con l’universo credo ci sia bisogno di qualcosa di diverso. Vorrei che la prossima edizione parlasse il linguaggio della creatività più libera, irriverente e divertita e se penso a un nome mi viene in mente quello della corrente artistica che ha racchiuso tutto questo in sole quattro lettere. La prossima edizione della Voce del Corpo dovrebbe essere DADA”.

L’entusiasmo di Bruno Freddi è contagioso, trattenerlo ancora a lungo è difficile e quindi ne approfittiamo per chiedergli due parole sulle performance che chiuderanno la sesta edizione del Festival.

Atsushi  Takenouchi e Hiroko Komiya stanno guidano un workshop davvero indimenticabile, cui stanno partecipando artisti internazionali che stasera si esibiranno con loro in piazza Vittorio Emanuele II, e alla fine di tutto un assolo di Atsushi sulle musiche live di Hiroko. Sarà un momento davvero intenso, ve lo garantisco”:

Poi Bruno ci saluta e corre a complimentarsi con Elisa Tagliati,  cui rubo due parole che stava scambiando con una giovane artista, spettatrice entusiasta della serata: “Il mondo ha bisogno degli artisti. Magari non avranno le risposta, ma sicuramente sanno farsi le domande giuste”.

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