IL BUTOH, LA MUSICA E I FIORI

Ci sono persone capaci di trasmettere sensazioni intense anche soltanto con una breve intervista, colta al volo approfittando di un momento di pausa. una di queste è sicuramente Atsushi Takenouchi, uno dei più grandi maestri giapponesi, e quindi mondiali,  del Butoh, una forma di danza nata dall’antico teatro Kabuki che dopo il trauma delle bombe atomiche ha avuto una sorta di rinascita moderna e intensa grazie al padre fondatoredi quest’arte,  Kazuo Ono.  Chi di voi ama la musica pop d’autore si ricorderà il suo volto segnato sulla copertina di un album di Anthony and the Johnson, la band che aveva il privilegio di avere la voce intensa di quella che adesso è diventata, dopo una lunga transizione di genere, la cantante Anhoni.

Il maestro Takenouchi ha portato oltre la lezione di Ono, e di fronte all’opera di Bruno Freddi che ha inaugurato il Feswtival ci siamo fatti raccontare da lui le nuove frontiere di quello che lui chiama “Jinen Butoh”, il Butoh del tutto.  Non è la prima volta che Atsushi incrocia la sua strada con quella del nostro Festival: nel 2009 aveva portato qui la sua performance “U Pipe”, in cui parlava dell’interazione fra uomo e macchina, carne e metallo: un tema che agli appassionati di cinema ricorderà sicuramente i film della serie Tetsuo, in cui questa ibridazione veniva in modo violento e traumatico.

Ora, dopo 13 anni e un lungo percorso interiore, abbiamo chiesto al maestro Takenouchi che cosa sia il Butoh.

“Il Butoh, la mia concezione del Butoh, si è modificata nel corso degli anni. All’inizio questo tipo di danza esprimeva dolore e sofferenza, io sto cercando di fare un discorso più complesso, in cui esprimere il bisogno dell’uomo di superare questa sofferenza stabilendo una connessione profonda con tutto l’ambiente che lo circonda. Il Butoh deve insegnare ad apprendere l’arte dei fiori, la cui vita è una continua ricerca di mettere d’accordo la natura terrena delle loro radici con la spinta verso la luce del sole, verso l’universo regalando bellezza a tutte le creature che li circondano”. 

Sentirlo parlare di Butoh e di fiori riporta alla mente uno degli spettacoli più belli degli ultimi 50 anni, quel Flowers creato da Lindsay Kemp che con il corpo e il viso ricoperti di bianco omaggiava evidentemente l’arte di Kazuo Ono e che aveva avuto come allievi artisti del calibro di David Bowie e Kate Bush.  Così il discorso cade sulla musica,  che ha sempre un ruolo importante nelle performance di Takenouchi, e che è realizzata da Hiroko Komiya, ed è a lei che Atsushi passa la parola.

“Anche la musica è connessione: nelle musiche che eseguo sempre dal vivo quando mi esibisco con lui, anche quando utilizzo suoni campionati o registrati precedentemente, c’è un costante lavoro di interazione con il movimento. Posso anche avere gli occhi fissi sugli strumenti che porto in scena, ma ogni nota, ogni ritmo e ogni pausa sono collegate in modo inscindibile e spirituale con i passi e i gesti che si vedono, e che passano dalle emozioni che entrambi viviamo nell’anima in quel momento”. 

A Osnago Atsushi e Hiroko stanno tenendo un workshop con alcuni allievi, di cui sono molto contenti:

”Molti di loro li avevo già conosciuti in laboratori precedenti, e sono molto felice umanamente di averli incrociati di nuovo sulla mia strada, e artisticamente sono entusiasta di come ognuno di loro abbia saputo coltivare i semi gettati insieme durante gli incontri precedenti, per dare vita a fiori ognuno diverso dall’altro, ma tutti ugualmente belli perché tutti contribuiscono a creare l’armonia e la connessione fra uomini e Universo”.

Insieme agli allievi del workshop Atsushi si esibirà in piazza Vittorio Emanuele II domenica 26 giugno alle ore 21 e 30, per poi concludere il Festival con il suo assolo “Skin”, accompagnato dal vivo dalle musiche di Hiroko Komiya.  Un appuntamento da non perdere con due artisti internazionali contesi da Festival di danza e di teatro contemporaneo in tutto il mondo: aver avuto il privilegio di averli con noi è il fiore che vi doniamo a chiusura della sesta edizione del Festival.

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