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UNA RETROSPETTIVA A VILLA GALIMBERTI PER RICORDARE L’ARTISTA MAURO BENATTI

Artista eclettico, scultore e amico di Osnago, oltre che di tutti noi.
Mauro Benatti è stato tutto questo: scomparso nel 2014 a 67 anni, dopo una vita dedicata all’arte, all’insegnamento, alla ricerca e alla curiosità verso forme espressive sempre diverse.
Nato ad Airuno nel 1947, Mauro studia alla Scuola d’Arte Pura e Applicata di Merate.
Parte dagli acquerelli, ma negli anni Ottanta scopre la scultura, con un’attenzione particolare all’uso di materiali come legno, pietra, tele metalliche, applicati a forme e tematiche classiche, con una tendenza alla copia dal vero.
Nel 1997, apre il suo studio a Cisano Bergamasco, e fonda il gruppo Blu-s di Prussia assieme ad altri amici pittori.
Insegna disegno e pittura ed espone in contesti sempre più prestigiosi.
L’artista si spinge oltre e crea a partire da materiali di scarto o che ricerca personalmente in natura.
Nel 2003, un incendio distrugge il suo studio, come la quasi totalità delle sue opere. Mauro ne riapre subito uno nuovo, e lavora con tutte le sue energie per superare la perdita.
Nel 2007, realizza e posa la scultura in pietra e ferro “Peace Keepers” in Piazza Della Pace a Osnago. L’anno seguente, prende parte con l’opera “Amazzone Ferita” all’undicesima edizione di OPEN, Esposizione Internazionale di Sculture e Installazioni al Lido di Venezia, in concomitanza con la Mostra del Cinema. La sua scultura “Sirena VII” viene selezionata come premio OPEN e assegnata al regista Philip Haas.
Una mostra retrospettiva delle sue opere, per ricordare l’uomo e l’artista, dal titolo “Il corpo e la materia”, sarà ospitata all’interno di Villa Galimberti, in Piazza Vittorio Emanuele II a Osnago, a partire da sabato 11 giugno (qui il programma completo e gli orari di visita della mostra).

Mauro Benatti (Airuno, 1947 – 2014) opere in mostra presso Villa Galimberti:
Pentesilea
Forma precaria
Amazzone ferita
Pomona
Coro Gospel

Contributo critico di Gianluca Poldi (archeometra)

«La forma primaria è quella di un corpo, e il corpo femminile è sondato con poche pieghe nella rete metallica, nel tessuto di rete che nella sua trasparenza si lascia permeare dal contesto. Un confine segnato nel trasparire e nel levare, quindi confine indefinito, quasi un ossimoro nella leggerezza e nella vita.
E il corpo è anche forma precaria, sorta di insegna stesa davanti alla palma centrale del
giardino, vibratile sequenza di pieghe-corpi dai confini incerti ma capaci di evocare una
presenza umana e segnica.
Ci sono materiali recuperati nello scolpire di Benatti, e anche la pietra ci pare rinvenuta in qualche incontro, ed essa pure sull’arco di ferro dà un senso di instabilità e di gioco d’altalena, nel doppio tra donna e cavallo, tra cavaliere e animale, tra maschile e femminile.»

 

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