Le opere di Bruno Freddi in mostra a Osnago: “Atto di fede” e “Tantra”

Organizzatore e curatore della rassegna La Voce del Corpo, cittadino onorario di Osnago, dove ha il suo studio, danzatore Butoh fondatore del Gruppo Oloart e artista sorprendente e poliedrico.

Bruno Freddi esporrà due sue opere in questa sesta edizione del Festival, “Atto di fede”, in piazza Vittorio Emanuele II, e “Tantra”, che farà da scenografia all’omonima performance Butoh, presso lo Spazio De André di via Matteotti (qui il programma completo con gli orari di visita alle esposizioni).

Dalla pittura alla scultura, dalla grafica al design di gioielli, fino alla regia e alla realizzazione di scenografie per spettacoli teatrali: Bruno si muove tra mondi diversi tra loro con grande naturalezza, per scoprirli, con coerenza di stile e di intenti, e per costruire un dialogo nuovo tra culture, come riesce a fare grazie ai suoi studi su yoga, filosofia orientale, danza Butoh.

Nato a Mantova, frequenta la Scuola d’Arte del Castello Sforzesco a Milano, per poi esporre le sue opere già a partire dagli anni Settanta.

Ha partecipato a vari progetti e manifestazioni di prestigio, e ha ripreso l’attività teatrale dal 1997.

Alla base della sua ricerca, il corpo e la materia: il corpo in tutte le sue accezioni; la materia, presente in forma di oggetto, o come stratificazione, persino in pittura o nelle scenografie.

Il tutto caratterizzato dai due estremi del rosso e del bianco, da un lato passione, visione spirituale profonda, dall’altro il silenzio e le sue infinite variabili, nonché il colore dei corpi dei danzatori nel teatro Butoh.

 

Bruno Freddi (Mantova, 1937) opere in mostra presso piazza Vittorio Emanuele II e Spazio De André di via Matteotti:

Profumo di terra

Shivalingam

Salvare Venezia

Muro Klimtiano

Contributo critico di Gianluca Poldi (archeometra)

«Nella poetica di Freddi la presenza frequente del muro, dipinto o scolpito, è confine con cui confrontarsi e al cui cospetto, o contatto, avvengono le cose.

Le figure stesse si fanno muro, solidità, nello spazio speciale dell’opera scultorea.

In Shivalingam l’incontro tra bronzo e legno è mutuo fertilizzarsi, più che dialogo è unione.

Nell’induismo il Liṅga (“marchio” o “segno” anche detto Lingam) consiste in un oggetto dalla forma ovale, di fatto un simbolo fallico considerato rappresentazione del dio Śiva («Là dove non vi è oscurità, – né notte, né giorno, – né Essere, né Nonessere, – là vi è il Propizio, solo, – assoluto ed eterno; – là vi è il glorioso splendore – di quella Luce dalla quale in principio – sgorgò antica saggezza» Śvetāśvatara Upaniṣad, IV-II secolo).

La pietre, anche chiamate shiva lingam, si trovano nel fiume Narmada, uno dei sette luoghi sacri dell’India, e condensano forza maschile (la Conoscenza) e femminile (la Saggezza), così come l’Uovo Cosmico da cui è emersa la creazione.

Shiva lingam riveste anche un aspetto augurale: apre il cammino di crescita personale verso il vero amore che porta all’unità.»

 

 

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