“LIGNUM MEMORIAE” E “BUCHI NERI”: TOMMASO MELIDEO IN MOSTRA AL FESTIVAL

Scultura, pittura, scenografia, design, musica e video: questi sono tutti i mezzi espressivi di Tommaso Melideo, uno degli artisti invitati alla nostra biennale.

Due le sue opere in mostra a Osnago per il Festival La Voce del Corpo: “Lignum memoriae”, in piazza Vittorio Emanuele II, e “Buchi neri”, presso l’atelier di via Roma, 6 (qui il programma completo con tutti gli orari di visita).

Tommaso Melideo, milanese, si forma all’Accademia di Brera, dove si laurea in scenografia: già dal secondo anno di studi, lavora con Marino Triaca, nel suo laboratorio di scultura scenografica, e collabora con grandi realtà come lo Stadio Olimpico di Torino, il Teatro alla Scala, il Teatro Regio di Torino e il Teatro San Carlo di Napoli.

Successivamente, si occupa anche di progettazione e realizzazione di prototipi scenografici per parchi tematici e trasmissioni televisive.

Dal 2000 fino al 2010, consolida la sua posizione nella scena artistica internazionale grazie alle sue installazioni, partecipando a vari simposi internazionali (tra cui anche Pietrarte, intervento internazionale di Land Art a Livigno).

Dal 2004 insegna scultura in diversi istituti tra Milano e Lecco e collabora con diverse Onlus che si occupano di disabilità e recupero scolastico dei giovani.

È co-fondatore, nel 2015, di StudioQuantica assieme a Pietro Filidei, una realtà che si propone di realizzare allestimenti, prototipi, modelli, design e scenografie combinando tecnologia e artigianalità, anche per sedi di importanti multinazionali.

Tutto questo è alla base del concetto di “ArtWork” per Melideo:Sviluppare un progetto di allestimento all’interno degli headquarter vuol dire creare installazioni che esulino dall’idea tradizionale di arredamento”, e “ArtWork” è l’arte che invade gli spazi produttivi, coinvolgendo anche oggetti di uso quotidiano”.

 

Contributo critico di Gianluca Poldi (archeometra)

«Poste a terra orizzontali, come botole nere o laghi inghiottitori, come suolo da cui emergono (o riemergono?) figure, segnali, confronti per il nostro essere aldiquà. Ecco un cranio impreziosito da due quadrati che paiono di vetro, un parziale profilo di volto, un telaio violetto o forse finestra con un quadrato di foglia metallica (alluminio, stagnola).

La soglia, il confine, come inghiottitoio, limite-quadro di vita e di morte, vis-à-vis.

Lo stesso artista, nella piazza, con l’installazione Lignum Memoriae frammenta un corpo dentro una selva di tronchi, smarrita figura umana che osserva la sua protesi del suo smartphone. Socialità divisa.

Una riunificazione – comunque parziale – si può solo da un paio di punti di vista laterali.»

 

 

 

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