Riprende proprio il tema della sesta edizione del Festival La Voce del Corpo, il titolo dell’imponente installazione dell’artista Stefano Bonacci, in mostra a Villa Galimberti, in Piazza Vittorio Emanuele II a Osnago, a partire da sabato 11 giugno (qui il programma completo e gli orari di visita).
Stefano Bonacci, nato a Perugia, già da giovanissimo si avvicina a disegno e pittura, formandosi presso l’Accademia di Belle Arti della sua città, dove ha poi scoperto la scultura.
Comincia a esporre fin dal 1995, sia in Italia che all’estero.
Nel 1998, frequentando il corso della Fondazione Ratti di Como, conosce Allan Kaprow che, assieme ad Alberto Burri, costituisce un punto di riferimento imprescindibile per la sua poetica.
Nel 2014 ha ricevuto il Pollock-Krasner Foundation Grant a sostegno della sua attività artistica.
Stefano vive e lavora tuttora in Umbria, una regione che, con la conformazione del suo territorio e la sua particolare luce, ha influenzato anche le sue opere.
Dipinti, disegni, sculture, installazioni: sono molteplici i mezzi, che si avvalgono di materiali nobili e meno nobili, fino ad arrivare alla fotografia e all’uso della luce al neon.
Espressioni che indagano la connessione tra archetipi e natura, passando attraverso la geometria e la tecnologia, facendo vivere all’occhio dello spettatore un momento sia fuori che dentro il proprio tempo.
Un artista autentico, che afferma che la bellezza “È un silenzio fragoroso, una luce accecante nelle tenebre, un’insopportabile leggerezza”.
Stefano Bonacci (Perugia, 1971) opere in mostra presso Villa Galimberti:
Gioco cosmico
Macchina per gli specchi
Contributo critico di Gianluca Poldi (archeometra)
«Posti su un piano lungo 17 metri, un torso di Venere rivestito di grafite e alcune sfere di dimensioni e superfici diverse. Il discorso è intorno alla bellezza, alle forme perfette, al suscitare emozione e pensiero nel rigore del minimo.
Il gioco cosmico allude a leggi universali, come un sistema planetario dove emblema della stella centro di rotazione diventa il corpo di Afrodite, per quanto non brillante di luce propria in quanto scurito: puro valore rimando. Corpo già usato da Bonacci in una serie di lavori dalle diverse declinazioni lessicali, che rimandano al concetto di misura e di arte come misura e legge visiva.
Nel corridoio laterale, un cavalletto metallico è la Macchina per gli specchi, aperti a 45° a costruire un riflesso in uno spazio virtuale ottagonale: luogo di confronto e riflessione, in cui l’osservatore sperimenta la propria effigie, la propria forma da più punti di vista insieme.
In questa tensione tra leggi apparentemente immutabili e presenza umana, Bonacci costruisce nel dialogo tra i due elementi l’installazione che complessivamente ha per titolo quello della rassegna: S-confinàti e ricongiunti.»